Note e riflessioni Fida al DDL Disabilità C. 3347

By 22 min read4397 wordsPublished On: 23/11/2021Last Updated: 23/11/2021Categories: Notizie

CAMERA DEI DEPUTATI – N. 3347

DISEGNO DI LEGGE

PRESENTATO DAL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (DRAGHI) E DAL MINISTRO PER LE DISABILITÀ (STEFANI)

Delega al Governo in materia di disabilità – 2 novembre 2021


Note FIDA – Forum Italiano Diritti Autismo

Roma, 21 novembre 2021

In relazione al Disegno di Legge sottoposto, il nostro parere è che sussistano carenze importanti e costitutive nell’elaborazione generale. Questo documento intende sottolineare note generali e note specifiche nel testo.

  1. NOTE GENERALI

Da una parte, appare evidente che – in una materia tanto delicata e che mira a coinvolgere la vastissima platea della disabilità e dei nuclei familiari afferenti (3.150.000 di persone disabili gravi secondo un vecchio dato ISTAT) – vi sia il rischio che una conseguente articolazione legislativa, attuata in tempi tanto ristretti, vada notevolmente a nuocere sulla effettiva ampiezza e congruità della strategia che essa vorrebbe dispiegare.

1.1 Raccomandazioni e caselle vuote.

Inoltre, non sembra del tutto raggiunto il richiamo alle raccomandazioni europee, poiché la risposta si limita ad alcuni punti, lasciando aperte le correzioni su campi fondamentali quali la de-istituzionalizzazione e l’inclusione (lavorativa, scolastica, sociale). Anche in questo caso, dunque, emerge un tema di ampiezza nella declinazione delle proposte normative.

1.2 Vuoti di memoria legislativa

Dall’altra, il meritevole sforzo di promuovere una cultura della disabilità che non si limiti alla pura declamazione di accesso sociale, in qualche passaggio (sottolineato di seguito alla presente nota introduttiva) lascia spazio all’uso di un armamentario – sia logico che lessicale – che, nella sua diversa declinazione, genera confusione. Questo accade soprattutto rispetto al faticoso e pluriennale consolidamento di processi, meccanismi logici e funzioni che, nei decenni scorsi, hanno contribuito al riconoscimento dei diritti esigibili, derivati dalla L.328/2000 e in seguito reiterati dalla L.112/2016.

1.3 Un Progetto di vita facoltativo?

In questo senso, è utile sottolineare che la valutazione attuata dalla UVMD sulle condizioni di chi rappresenta il focus dell’azione sociale e assistenziale, la persona disabile, non può essere facoltativa in itinere, quanto un diritto/dovere già stabilito e radicato profondamente nella precedente azione legislativa. Si tratta di diritti delle persone disabili e doveri delle amministrazioni (nazionali e locali) che invece dovrebbero essere definitivamente e maggiormente riconosciuti e potenziati.

1.4 Il diritto di scelta: anch’esso facoltativo?

Poiché crediamo che il Progetto Personalizzato (o Progetto di Vita) sia uno dei cardini essenziali da cui discendono gran parte delle declinazioni, protocolli, azioni amministrative che verranno poi sviluppate nelle varie linee guida regionali, ravvisiamo la mancanza di una importante specifica sul diritto di scelta della persona (o del nucleo famigliare responsabile della disabilità in caso di tutela) nei confronti degli stessi ETS accreditati (la cui partecipazione emerge fortemente dalle pagine della Legge Delega, nello spirito del Nuovo Codice del Terzo Settore) e proposti dai Servizi Sociali: ovvero quali siano le forme e gli eventuali strumenti di revisione (o rigetto) nella selezione del progetto più adeguato da parte della persona disabile.

1.5 Formazione e aggiornamento

Se a questo campo essenziale aggiungiamo anche che, in tali valutazioni, non appaiono chiarite, in seno alle commissioni incaricate, le necessarie garanzie di formazione e aggiornamento sulle classificazioni internazionali (ICF e ICD), e conseguentemente sia dei LEA sia degli allegati nomenclatori, ne risulta un quadro certamente limitato e non confacente a consolidare veri e efficaci standard di qualità in un ambito nevralgico nell’impianto della legge e nei progetti di vita delle persone disabili.

Come non è secondaria, ma centrale, la raccomandazione generale verso strategie e azioni di aggiornamento e formazione di un nuovo paradigma – focalizzato definitivamente sull’utenza e non sui servizi – in seno alle amministrazioni del welfare. Una proposta di impegno che appare complessa ma alla quale il Governo deve essere chiamato a rispondere concretamente, con una serie di provvedimenti urgenti e mirati che funzionino da modello per le Amministrazioni Regionali, dove ristagna sovente (non ovunque) una cultura dell’immobilismo e automatismi di gestione consolidati negli anni, tuttavia drammaticamente inefficaci nel contenere l’insoddisfazione crescente nel Paese di oggi.

1.6 Un problema di rappresentanza e partecipazione

Nel presente DDL, inoltre, il delicato tema della partecipazione viene risolto sulla scia delle consuetudini acquisite negli ultimi decenni: con una generica chiamata a confronto con le “associazioni nazionali maggiormente rappresentative”. Una visione più ampia, tuttavia, suggerirebbe, oggi, una fotografia radicalmente diversa, sulla base del fenomeno di moltiplicazione sul territorio nazionale dell’associazionismo di base della disabilità, con forme importanti di self-help ispirate dagli stessi principi sanciti dalle leggi e dal Nuovo Codice del Terzo Settore: creando un welfare di prossimità, trasformativo e rigenerativo, che cerca nei network locali un terreno fertile per sviluppare sussidiarietà, soddisfazione dei desideri, dei bisogni e dei diritti esigibili a livello territoriale. Network e federazioni/associazioni che avanzano istanze lungimiranti e foriere di ottimizzazioni delle politiche sociali che poco hanno a che vedere con le associazioni storiche. In questo senso, aprire a un confronto vero anche con le Consulte Regionali sarebbe la strada (al momento più praticabile, in attesa di assetti nuovi) per ottenere proposte e risposte da un reale Osservatorio, coerente con la realtà quotidiana e maggiormente rappresentativo.

1.7 L’Economia del Sociale

Il tassello mancante, a nostro avviso, è l’organizzazione, l’armonizzazione e l’ottimizzazione delle risorse finanziarie, pubbliche e private, dei fondi italiani ed europei e dei servizi del welfare attuabile sulla base della sostanziale correzione di alcune criticità evidenti:

  • L’impiego dei fondi esistenti, ovvero quelli messi a disposizione dalle leggi ed erogati dalle amministrazioni locali, segue percorsi diversi e spesso non comunicanti fra loro;
  • I fondi risultano in tal modo mal distribuiti, insufficienti o colpevolmente non stanziati; 
  • Vengono tuttora convenzionate e finanziate tipologie assistenziali e residenziali assolutamente non idonee alle persone disabili e, generalmente, alle persone fragili (cfr. le importanti critiche al sistema delle RSA/RSD);
  • Le previsioni di impegno economico vengono sempre stilate (è la Legge delle leggi) sulle disponibilità di bilancio, secondo una regola giuridica più volte valutata da, sentenze e pareri, inferiore al rango costituzionale del diritto alla salute e al diritto all’assistenza;
  • Gli stessi impegni finanziari, calcolati secondo questi canoni, non tengono conto delle effettive necessità e non fanno riferimento ai numeri reali del bacino di utenza, risultando così totalmente inefficaci. (Cfr. Censimento)

In questo senso sarebbe corretto implementare nuovi e armonici strumenti finanziari per garantire un flusso costante di fondi a sostegno delle leggi per la disabilità, in un quadro di politica economica che cessi di considerare il welfare nei confronti delle fasce fragili come ancillare e inevitabilmente penalizzato ma, viceversa, inizi a lavorare alla valorizzazione delle persone disabili come una risorsa e non un carico assistenziale tout-court, promuovendo in modo massivo e puntuale il modello proposto dal Budget di Salute.

1.8 Riunire le “macchie del leopardo”

Vi sono poi aspetti che attengono alla più generale armonizzazione delle misure legislative sul territorio nazionale. Com’è evidente, il welfare italiano sconta un peccato originale di parcellizzazione assistenziale (e, più in generale, della cura) derivante dalle diverse intensità di governance delle Regioni.

È necessario dunque agire in questa direzione per rendere finalmente omogenee le misure previste dalla 328/2000 e dalla 112/2016 (nonché da tutte le altre norme e leggi sulla disabilità). Crediamo che questa Legge Delega debba giocare una funzione decisiva anche in questa direzione, che è vitale per gli interessi, per i diritti e per la vera inclusione delle persone disabili.

2. NOTE SPECIFICHE

Dalla Premessa

Pag.3:

  • Il comma 3 ribadisce che nella predisposizione dei decreti legislativi è garantita una leale collaborazione istituzionale con le regioni e gli enti locali, prevedendo altresì la possibilità di avvalersi del supporto dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.”

A nostro avviso, il supporto dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità è necessario e non possibile.

Pag. 4:

  • Functioning, Disability and Health (ICF), predisposta dall’Organizzazione mondiale della sanità e approvata il 22 maggio 2001, e con i princìpi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e della Classificazione internazionale delle malattie (ICD).”

Purtroppo ci sono ancora persone che non hanno una diagnosi in ICF. Urge pertanto effettuare un Censimento che garantisca una diagnosi adeguata e restituisca una fotografia realistica dei bisogni di cura ed assistenza.

  • “…da una successiva e facoltativa valutazione multidimensionale, attivabile alternativamente dalla persona con disabilità o da chi la rappresenta”

Tutte le successive valutazioni multidimensionali non possono essere facoltative poiché i bisogni di una persona disabile variano nell’arco della vita e non soltanto in funzione dell’età.

  • “unifica tutti gli accertamenti concernenti l’invalidità civile, la cecità civile, la sordità civile, la sordocecità, l’handicap, anche ai fini scolastici, la disabilità prevista ai fini del collocamento mirato e ogni altro accertamento dell’invalidità”

Non è specificato l’Ente a cui verrà affidato l’accertamento né la composizione e formazione della Commissione di valutazione.

  • “conferisce ad un unico soggetto pubblico l’esclusiva competenza medico-legale sui processi valutativi di base, al precipuo scopo di uniformare in tutto il territorio nazionale gli aspetti organizzativi e procedurali, riducendo altresì il contenzioso. Il Governo prevede altresì procedimenti semplificati, trasparenti ed efficienti di riesame”

Questa semplificazione è rischiosa e tiene conto solo di eventuali contenziosi. Sarebbe invece auspicabile che il soggetto pubblico preposto non avesse competenze solo medico legali ma anche sulle specifiche condizioni cliniche e funzionali da valutare, a piena tutela delle persone disabili.

  • “prevede l’aggiornamento e l’adeguamento del sistema dei controlli sull’effettiva sussistenza e permanenza dello stato invalidante, anche al fine di verificare che le prestazioni rese continuino ad essere quelle adeguate”

Ci sembra che l’unico interesse del legislatore sia rivolto specificatamente ai capitoli di spesa, al loro monitoraggio e alla sussistenza.

Sarebbe viceversa auspicabile verificare che i servizi e i benefici economici destinati alle persone disabili fossero effettivamente sufficienti ed adeguati, a garanzia della loro piena efficienza e della dignità della persona.

  • “…il Governo preveda, anzitutto, modalità di coordinamento tra le amministrazioni per l’integrazione della programmazione sociale e sanitaria nazionale e regionale [lettera c), numero 1)] al fine di favorire la creazione delle unità di valutazione multi-dimensionale, composte in modo da assi-curare l’integrazione degli interventi di presa in carico, di valutazione e di progettazione in ambito sociosanitario e socio-assistenziale da parte delle amministrazioni competenti, ferme restando le prestazioni già individuate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, concernente la definizione dei livelli essenziali di assistenza nel settore sanitario”

Risulta necessario l’aggiornamento dei LEA in base alle più aggiornate evidenze scientifiche e alle più recenti linee guida per ciascuna disabilità, oltre l’adeguamento all’ultimo ICD in corso di validità per i nomenclatori allegati.

Inoltre, sarebbe auspicabile un capillare aggiornamento della formazione di tutti gli operatori impiegati presso gli Enti Locali, oltre alla nomina di ulteriori, necessari a garantire la continuità dei servizi.

Pag. 5:

  • “…il Governo deve garantire anche che nell’elaborazione e nell’attuazione del progetto di vita vengano attivamente coinvolti gli enti del Terzo settore, con le modalità già previste della co-programmazione e della co-progetta-zione, assicurando un maggior grado di flessibilità nella definizione degli interventi.”

Per quale motivo non si fa menzione di Trust e/o Fondazioni?

  • “…all’interno del progetto, le figure professionali che dovranno occuparsi della sua realizzazione e del suo monitoraggio…”

Appare evidente che non sia sufficiente la nomina del solo Case o Disability Manager! Molte sono le figure professionali che intervengono per rendere pienamente efficace e soddisfacente il Progetto di Vita di una persona disabile. Inoltre, ogni professionista, incluso il Case Manager, necessiterebbe di formazione a 360° ed in itinere.

  • “…di assistenza personale autogestita che sostengano l’autonomia e la vita indipendente delle persone con disabilità in età adulta, prescindendo dalla presenza o meno di figure genitoriali di sostegno alla persona con stessa…”

L’assistenza domiciliare deve poter riguardare l’intero arco di vita e, per garantire la miglior autonomia della persona disabile in età adulta, deve iniziare all’indomani della diagnosi e anche durante l’età evolutiva.

Inoltre, non può ridursi al mero incarico di badantato, spesso non qualificato (come avviene ora), ma deve prevedere un insieme di figure professionali di supporto, diversificate ed adeguatamente formate sui bisogni specifici e l’età della persona disabile: Educatori, OSA, OSS, Tutor, Job Coach, ecc.

Pag. 6:

  • “…partecipino rappresentanti delle associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative”

Riteniamo importante la partecipazione anche di altre associazioni e delle Consulte Regionali.

  • “assicurare ai rappresentanti delle associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative la possibilità di formulare osservazioni sui documenti di rappresentazione delle performance…”

Non solo quelle maggiormente rappresentative!

  • “prevedere la nomina di un responsabile del processo di inserimento lavorativo delle persone con disabilità, da parte dei datori di lavoro pubblici, che garantisca alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori”

Va previsto anche per i datori di lavoro privati. Così come va prevista la presenza e la formazione dei Job Coach e/o dei mediatori neuro-culturali (per le condizioni di neuro-divergenza).

  • “… i livelli di qualità del servizio erogato che garantiscano alle persone con disabilità l’effettiva accessibilità delle prestazioni”

Non è citato lo standard qualitativo a cui ci si riferisce e soprattutto manca la possibilità di esprimere il grado di soddisfazione del servizio erogato da parte dell’utente finale.

Pag. 7:

  • “Il comma 3 prevede che, salvo quanto detto sopra, dall’attuazione delle deleghe non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”

I diritti delle persone disabili non possono essere ancillari ai vincoli di bilancio. Pertanto, lo stanziamento dei fondi deve essere commisurato ai bisogni di cura ed assistenza delle persone disabili.

Dalla Relazione Tecnica

Pag. 9:

  • “Con l’intervento normativo si intende fornire modalità di coordinamento della programmazione sociale e sanitaria, fermi restando i livelli essenziali di assistenza del settore sanitario, e indicare in maniera omogenea l’organizzazione delle unità di valutazione multidimensionale.”

Non è specificato in che modo verranno organizzate le UVMD.

  • “I maggiori oneri che potrebbero derivare in termini di incremento del personale per la creazione di tali unità di valutazione multidimensionale laddove non siano già costituite, potranno essere valutati esclusivamente in fase di esercizio della delega, nella quale occorrerà indicare la diffusione territoriale minima di tali UVM e l’effettiva composizione.”

La distribuzione delle UVMD, la loro composizione e l’adeguata formazione devono essere una certezza su tutto il territorio nazionale.

  • “In questo ambito, deve tenersi conto anche delle risorse aggiuntive attualmente stanziate o in fase di stanziamento relative all’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali in tema di assistenti sociali, destinate ai comuni.”

E’ necessario prevedere un numero sufficiente di assistenti sociali formati sia all’interno degli Enti locali sia al di fuori degli stessi.

Pag. 10:

  • “Infine, per quanto riguarda la natura giuridica del Garante nazionale della disabilità di cui alla lettera f), si ritiene che, volendo parametrare questa Autorità di nuova istituzione sul modello del Garante per l’infanzia e l’adolescenza (legge 12 luglio 2011, n. 112), si possa stimare una spesa di 1 mln di euro annui che trova copertura nel Fondo di cui all’art. 1, co. 330, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.”

Riteniamo assolutamente sproporzionato un investimento così oneroso per il Garante nazionale della disabilità!

Se le leggi ed i provvedimenti sono emanati in modo adeguato ed applicati, il ruolo del Garante dovrebbe intervenire una tantum e solo in quei casi palesi di discriminazione. Viceversa, sembra che la figura del Garante debba colmare tutte le lacune procedurali della presente Legge Delega.

Avremmo auspicato un copioso finanziamento per la formazione a tutti i livelli, sia nel settore amministrativo sia in quello di supporto alla persona disabile. Tale lacuna nel DDL appare tanto reale quanto preoccupante.

Dall’Analisi Tecnico-Normativa

Pag. 13:

  • Si tratta di disposizione già presente, ad es. nella legge 5 maggio 2009 n.42 (c.d. federalismo fiscale), volta a rafforzare il coinvolgimento delle autonomie territoriali fin dalla fase di elaborazione degli schemi dei decreti legislativi. Comunque il necessario coordinamento nell’ambito dell’esercizio della delega è assicurato dall’intesa da sancire in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. L’art. 2, comma 2, lett. c) punto l, dispone che il Governo nell’esercizio delle delega con riguardo alla valutazione multidimensionale delle disabilità e della realizzazione del progetto personalizzato di vita indipendente debba prevedere modalità di coordinamento tra le amministrazioni coinvolte per l’integrazione della programmazione sociale e sanitaria, sia nazionale che regionale.”

E’ urgente l’uniformità su tutto il territorio nazionale.

Dal DISEGNO DI LEGGE

Pag. 18:

  • “3. Il Governo, nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 1, assicura la leale collaborazione con le regioni e gli enti locali e può avvalersi del supporto dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità”

E’ necessario poi che le Regioni, e a cascata i Comuni, applichino in modo puntuale i decreti emanati.

  • “5. I decreti legislativi di cui al comma 1 intervengono, progressivamente nei limiti delle risorse disponibili, ivi comprese quelle del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”

I limiti di bilancio non possono essere un alibi per non garantire servizi adeguati alle esigenze delle persone disabili.

Pag. 20:

  • “b) con riguardo all’accertamento della disabilità e alla revisione dei suoi processi valutativi di base: 1) introduzione nella legge 5 febbraio 1992, n. 104, di disposizioni che prevedano un processo valutativo complesso, distinguendo la valutazione di base da una successiva e facoltativa valutazione multi-dimensionale, attivabile dalla persona con disabilità o da chi la rappresenta;”

Le valutazioni successive ad una diagnosi non possono essere facoltative, poiché nell’arco della vita variano i bisogni in funzione dell’età ed anche di nuove o mutate esigenze.

Pag. 21:

  • “3) razionalizzazione e unificazione in un’unica procedura di tutti i processi valutativi di base attualmente afferenti all’invalidità civile ai sensi della legge 30 marzo 1971, n. 118”

Appare troppo vago questo passaggio del DDL Disabilità, poiché non sono esplicitate puntualmente quali competenze debbano avere le UVMD, né la loro ubicazione, né la loro composizione:

  • per effettuare la diagnosi
  • per stabilire i sussidi economici necessari o i servizi di cura e assistenza dedicati
  • per indicare i supporti tecnici e/o informatici, i facilitatori, le agevolazioni fiscali e la concessione del contrassegno per la circolazione e la sosta
  • “5) affidamento a un unico soggetto pubblico dell’esclusiva competenza medico-legale sulle procedure valutative di cui al numero”

E’ rischioso affidare ad unico soggetto e, per giunta, con competenze meramente medico-legali. La composizione di una commissione deve poter contare su medici e professionisti specificatamente formati sulla condizione della persona disabile da esaminare a piena tutela della stessa.

  • “…aspetti procedurali e organizzativi del processo valutativo di base, anche prevedendo procedimenti semplificati di riesame o di rivalutazione, in modo che siano assicurate la tempestività, l’efficienza e la trasparenza…”

I procedimenti devono inoltre garantire l’adeguatezza e correttezza nella valutazione.

Pag. 22:

  • “6) previsione di un efficace sistema di controlli sull’effettiva sussistenza e permanenza dello stato invalidante, al fine di controllare l’adeguatezza delle prestazioni rese;”

La tutela delle persone con disabilità non passa per il controllo delle prestazioni rese (meramente economiche?) ma per la qualità dei servizi offerti.

  • “3) prevedere che la valutazione multidimensionale sia svolta tenendo conto delle indicazioni dell’ICF e dell’ICD e che definisca un profilo di funzionamento della persona, necessario alla predisposizione del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato e al monitoraggio dei suoi effetti nel tempo;”

A tal proposito segnaliamo (come già anticipato nelle premesse) che risulta necessario l’aggiornamento dei LEA in base alle più aggiornate evidenze scientifiche e alle più recenti linee guida per ciascuna disabilità, oltre l’adeguamento all’ultimo ICD in corso di validità dei nomenclatori allegati.

Per quanto concerne, invece, il Progetto di Vita personalizzato manca la fondamentale rimodulazione nel tempo al variare dell’età e dei bisogni specifici.

Pag. 23:

  • “7) assicurare che l’elaborazione del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato coinvolga attivamente anche gli enti del Terzo settore…”

Può coinvolgere attivamente gli Enti del Terzo Settore ma anche professionisti e/o persone di fiducia della persona con disabilità o di chi ne fa le veci, rispettando il principio di autodeterminazione.

Va scongiurato in ogni modo l’eventuale conflitto di interessi con i gestori di servizi a cui spesso assistiamo nella realtà.

  • “8) prevedere che nel progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato sia indicato il cosiddetto «budget di progetto», ossia l’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche volte a dare attuazione al progetto medesimo, stabilendo ipotesi in cui lo stesso, in tutto o in parte, possa essere autogestito, con obbligo di rendicontazione secondo criteri predefiniti nel progetto stesso;”

Perché non parlare di Budget di Salute, modello per realizzare nel modo migliore il Progetto di Vita personalizzato della persona disabile?

Chi armonizza e garantisce l’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche del Progetto di Vita personalizzato erogate da Enti differenti?

Pag. 24:

  • “10) prevedere che nel progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato siano individuate figure professionali aventi il compito di curare la realizzazione del progetto, monitorarne l’attuazione e assicurare il confronto con la persona con disabilità e i suoi referenti familiari;”

Il confronto con la persona disabile, la famiglia o chi ne fa le veci deve essere sempre garantito, partecipato e, attraverso la co-progettazione, realizzare i desideri e provvedere alle esigenze della persona con disabilità secondo il principio di autodeterminazione.

  • “11)…servizi l’abitare e modelli di assistenza personale autogestita che sostengano l’autonomia e la vita indipendente delle persone con disabilità in età adulta, anche mediante l’attuazione coordinata dei progetti delle missioni 5 e 6 del PNRR;”

L’educazione, l’abilitazione, l’autonomia sono competenze sulle quali è necessario ed importante iniziare a lavorare in età evolutiva.

Pertanto, ogni Progetto di Vita personalizzato deve partire dalla diagnosi (nella maggior parte dei casi in età evolutiva) ed essere monitorato ed aggiornato al variare dei bisogni e dell’età per l’intero arco della vita della persona con disabilità.

  • “12) prevedere eventuali forme di finanziamento aggiuntivo per le finalità di cui al numero 11)…”

Le risorse devono essere destinate prioritariamente alla formazione degli operatori, assistenti ed educatori, ovvero a quei professionisti che accompagnano la persona con disabilità durante la crescita e le varie fasi della vita, garantendo i processi educativi, abilitativi e sulle autonomie.

  • “d) con riguardo all’informatizzazione dei processi valutativi, istituire, nell’ambito degli interventi previsti nel PNRR, piatta-forme informatiche, interoperabili con quelle esistenti alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi…”

Che le piattaforme informatiche vengano create sulla base delle esperienze esistenti e seguendo standard di qualità già consolidati.

Pag. 25:

  • “2) prevedere la partecipazione dei rappresentanti delle associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative alla formazione della sezione del piano relativa alla programmazione strategica…”

Non soltanto le associazioni maggiormente rappresentative! Prevedere la partecipazione di altri soggetti e delle Consulte Regionali, ad esempio.

  • 5) prevedere che il rispetto degli obiettivi derivanti dalla programmazione strategica dell’accessibilità delle funzioni amministrative sia inserito tra gli obiettivi da valutare ai fini della performance del personale dirigenziale;”

Rileviamo un’eccessiva enfasi sui processi informatici anziché un vero cambio di paradigma che trasformi il welfare italiano in servizio di eccellenza. Si possono digitalizzare molti dei servizi esistenti, ma se non si incide sulla formazione degli operatori pubblici e privati e sul controllo di qualità dei servizi erogati non garantiremo dignità alle persone con disabilità.

  • “6) prevedere la nomina, da parte dei datori di lavoro pubblici, di un responsabile del processo di inserimento delle persone con disabilità nell’ambiente di lavoro”

Tali procedure sono indispensabili anche per i datori di lavoro privati. Inoltre, non riteniamo sufficiente la nomina di un responsabile del processo di inserimento lavorativo, se non prevediamo anche la formazione e le necessarie competenze che variano molto a seconda delle specifiche disabilità.

Pag. 26:

  • “7) prevedere l’obbligo, per i concessionari dei pubblici servizi, di indicare nella carta dei servizi i livelli di qualità del servizio erogato che assicurino alle persone con disabilità l’effettiva accessibilità delle prestazioni;”

Prevedere il controllo dello standard dei servizi da parte dell’utenza finale.

  • “f) con riguardo all’istituzione del Garante nazionale delle disabilità:

1) istituire il Garante nazionale delle disabilità, quale organo di natura monocratica, competente per la tutela e la pro-mozione dei diritti delle persone con disabilità;

2) definire le competenze, i poteri, i requisiti e la struttura organizzativa del Garante, disciplinandone le procedure e attribuendo a esso le seguenti funzioni”

Il Garante per la Disabilità deve essere un organo indipendente a tutela delle persone con disabilità.

Pertanto, riteniamo debba essere indipendente dal Governo e non rappresentare una sovrapposizione con altri organi già esistenti.

Pag. 28:

  • “… qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al loro interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.”

Perché non analizzare, preventivamente ed in modo più adeguato, i bisogni delle persone con disabilità e del nucleo familiare, anche attraverso un CENSIMENTO?

Solo l’analisi dei bisogni potrà fornirci il parametro migliore per lo stanziamento dei fondi necessari.

  • “…A tale fine, per gli adempimenti previsti dai decreti legislativi attuativi della presente legge, le amministrazioni competenti provvedono con le ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali in dota-zione alle medesime amministrazioni.”

Le ordinarie risorse umane presente nelle amministrazioni sono mediamente insufficienti e non adeguatamente formate!

Considerazioni finali

  1. Il DDL sulla Disabilità è carente su scuola, lavoro e progettualità per realizzare la piena inclusione delle persone con disabilità nella società;
  2. Non si parla di come accompagnare la de-istituzionalizzazione delle strutture residenziali;
  3. Non indica l’Ente pubblico al quale demandare le visite medico-legali delle commissioni di valutazione;
  4. Non si parla di formazione a tutti i livelli, sia delle persone che lavorano presso Asl ed Enti locali, sia di coloro chiamati a garantire l’assistenza e la cura delle persone con disabilità: educatori, assistenti sociali, tutor, operatori socio-sanitari e socio-assistenziali;
  5. Troppo spazio è riservato invece alla riorganizzazione digitale dei servizi, necessaria ma non sufficiente, e all’istituzione delle figure di controllo, importanti solo per la supervisione ma non in grado di garantire il supporto costante alle persone con disabilità e, soprattutto, la qualità dei servizi dedicati;
  6. Ha la pretesa di aggiornare le due preesistenti Leggi quadro sulla disabilità (la Legge 104/92 la 328/2000).

In realtà, ne depaupera i contenuti senza mostrare in alcun passaggio la loro capillarità ed ampiezza. Sarebbe stato auspicabile aggiornare il linguaggio sorpassato della 104/92 ed emanare finalmente i decreti attuativi della 328/2000;

  1. I provvedimenti adottati risultano frettolosi e non approfonditi con l’unica finalità dell’utilizzo immediato dei fondi del PNRR
  2. Non vi è mai citato il Decreto del Presidente della Repubblica del 12/10/2017, che è il risultato di un corposo lavoro condiviso, durato ben due anni, sull’aggiornamento delle politiche sulla disabilità che poteva (e doveva) essere lo spunto da cui partire.

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